Il Custer Tecnologico Nazionale Made in Itay (Minit), negli ultimi mesi ha promosso una serie di attività coerenti con il piano strategico presentato.
In particolare sono stati promossi:
- interventi di sensibilizzazione e coinvolgimento territoriale – “Armonicamente 4.0: traiettorie di innovazione per il Made in Italy”, l’incontro promosso dall’Università della Calabria per promuovere gli scenari di innovazione del made in Italy;
- incontri su macroscenari di innovazione, a tema economia circolare, modelli di business e tracciabilità e -recentemente- open innovation;
- “Horizon Europe per il Made in Italy – Le opportunità dei nuovi bandi del programma Horizon Europe”, in collaborazione con APRE – Agenzia Per la Promozione della Ricerca Europea, in cui sono state analizzate e illustrate le opportunità date dai bandi Horizon per i settori e le filiere di riferimento;
- un workshop in collaborazione con Sistema Moda Italia per vedere le opportunità di ricerca e innovazione per le aziende associate;
- azioni di lobbing, anche nell’ottica delle opportunità offerte dal PNRR, in particolare Partenariati estesi ed Ecosistemi dell’innovazione.
Tutte queste attività e offerte sono state presentate con l’obiettivo di poter ampliare e rafforzare la rete degli attori del Cluster, sensibilizzare il sistema produttivo sulle tematiche dell’innovazione e stimolare la costruzione di progetti di ricerca in ottica di accrescimento competitivo del sistema produttivo di riferimento
Le iniziative promosse sono caratterizzate da un forte coinvolgimento del sistema produttivo, anche attraverso il ruolo delle Associazioni di categoria e delle strutture intermedie – centri di servizi alle imprese, università e strutture della ricerca. Nella consapevolezza che tale modello di collaborazione è fortemente strategico per l’accrescimento competitivo del sistema produttivo e, in genere, dei territori.
Qualche anno fa abbiamo descritto tale modello con il titolo Un tavolo a 3 gambe (Legnante, Lotti, 2007), nella consapevolezza che le tre gambe – quella delle imprese; delle strutture intermedie e dell’università – garantiscono un equilibrio corretto. Con un ruolo centrale, appunto, delle strutture intermedie, come il Cluster MinIt: “L’ipotesi è che, da un lato, vi sia una domanda non sufficiente di innovazione espressa dalle imprese, e che comunque l’innovazione è divenuta un processo molto più̀ complesso e meno lineare: questo comporta la necessità di soggetti/infrastrutture che sostengano le singole imprese ad essere soggetti più̀ attivi nel processo di innovazione, ovvero avere capacità di esplorare non solo nuove tecnologie produttive e organizzative, ma anche i nuovi scenari di mercato in cui collocarsi una volta intrapreso il processo di innovazione. Dall’altro lato, chi offre nuove conoscenze tecnologiche ed organizzative non è necessariamente in grado di attivare la propria offerta senza interagire con gli utilizzatori di quelle conoscenze.” (Regione Toscana, 2015)
Nel coinvolgimento degli attori della ricerca, la logica è in genere quella della interdisciplinarietà: multidimensionale come richiesto dalla complessità delle tematiche, in grado di garantire un’innovazione sistemica, con un coinvolgimento allargato di strutture e ricercatori che operano su tematiche quali nuovi modelli di business, fabbrica intelligente, materiali smart, Internet of things, design, mercato e marketing. Il tutto con una specifica attenzione al ruolo delle tecnologie abilitanti (Kets), nella loro capacità di contribuzione alla creazione di un plus competitivo. Soluzioni tecnologiche che, necessariamente, devono contribuire alle grandi sfide della transizione ecologica e, più in generale sostenibile (si pensi in tal senso alla necessità di praticare modelli di economia circolare) e digitale. Nella consapevolezza che la prima transizione è il grande obiettivo del nostro operare, mentre il digitale rappresenta una delle strade, forse la principale, per raggiungerla. “Se Industria 4.0 si limitasse alla risoluzione dei problemi legati al consumo individuale, non avrebbe quel carattere di sconvolgimento generale che un’espressione così impegnativa come rivoluzione industriale implica; il banco di prova più significativo per la ‘produzione digitale iperconnessa’ sarà affrontare il grande tema dei beni comuni, cioè come gestire in tempo reale i grandi temi della vita collettiva di oggi, dal cambiamento climatico alla gestione dei grandi centri urbani, dalla sicurezza di tutti al diritto di ognuno alla privacy.” (Bianchi, 2018)
Con l’idea che in ciò l’Italia può giocare un ruolo centrale: “Agli europei, agli asiatici, agli americani non piacciono solo le cose che noi disegniamo e progettiamo, produciamo e vendiamo. Li affascina ciò che sta dietro questi oggetti, un universo di valori di cui intuiscono l’importanza per la creatività italiana: il nostro saper vivere, la fantasia unita alla tensione verso la qualità. Il rispetto della storia e per i grandi creativi del passato. La conservazione delle tradizioni insieme alla flessibilità. La capacità di adattare il bello all’utile, l’antico al moderno”; in questo c’è “una possibile vocazione per il futuro del Made in Italy: esportare non solo oggetti ma know how, soluzioni e modelli per la qualità della vita”. (Rampini, 2010)
Altra caratteristica delle iniziative è il taglio fortemente intersettoriale, legato ai macrosettori del Made in Italy, Sistema Abitare e Sistema Moda, su tutti, anche con l’obiettivo di stimolare azioni di cross-fertilization, sempre più importanti in ottica di innovazione. “[…] per cross-fertilization non si intende semplicemente il trasferimento di tecnologie e componenti da un settore merceologico ad un altro, ma il trasferimento di conoscenze in senso più ampio e quindi anche di metodologie progettuali, processi di lavorazione, strategie di comunicazione e distribuzione.” (Dell’Acqua Bellavitis, 2007)
Giuseppe Lotti (Università degli Studi di Firenze)