Da sempre il Made in Italy è messaggio di bellezza, gusto, raffinatezza e qualità della vita. I manufatti sono a tutti gli effetti oggetti culturali in quanto incorporano dentro di sè la cultura e il genius loci dell’Italia. Arte, Scienza e Tecnologie da sempre concorrono alla creazione di prodotti di alto livello anche se non sempre questi legami sono chiari sia in chi acquista sia in chi produce. E’ importante invece che questi differenti aspetti vengano chiaramente messi in luce e focalizzati adeguatamente in modo che l’innovazione basata sulla conoscenza possa sostituire l’innovazione basata sulla tecnologia attualmente dominante e che guidi l’istruzione tecnica e professionale verso le nuove esigenze del Made in Italy operante all’interno di un contesto dinamico e globale con importanti ritorni accelerati.
In genere noi pensiamo che il manufatto che tutto il mondo ammira nasca dalla mano di un creatore-inventore-progettista, guidato da un qualche genio italico che per qualche strano motivo, gli italiani naturalmente possiedono. Questa narrazione è completamente fuorviante. Senza nulla togliere alla creatività individuale del progettista, questo si avvale sempre più spesso ed in misura crescente di sistemi di aumento (software, ambienti di prototipazione rapida etc.) che ne agevolano il compito. L’uso di strumenti nella fase di progettazione non è certamente un dato recente: tecniche pittoriche, strumenti di misura, conoscenza dei materiali presumibilmente sono sempre stati usati; quel che è nuovo rispetto al passato è che questi strumenti sono più complessi, richiedono più conoscenze scientifiche e tecnologiche e sono pervasivi. Da ciò consegue che il processo creativo è condizionato dalle tecnologie (e dalle conoscenze) disponibili. Queste tecnologie però non sono neutre rispetto al processo creativo ma, pur potenziandolo, spesso ne guidano inconsciamente lo sviluppo. Chiunque ha dimestichezza con i CAD ne riconosce anche i limiti. Sa che alcuni processi, prima complessi, sono ora resi semplici, mentre altri mantengono il loro livello di complessità ed altri ancora sono praticamente impossibili da realizzare. E quindi spesso si prendono delle scorciatoie il cui effetto combinato è di rendere i prodotti simili quando addirittura non uguali. Questa uniformità tenderà a crescere sempre più rapidamente man mano che si svilupperà il mercato dei prodotti personalizzati dove il design potrebbe diventare la voce più rilevante del costo del manufatto. La digitalizzazione accentuerà questi aspetti e incuberà i nuovi campioni globali. In questo scenario il manufatto italiano potrebbe non essere più nettamente distinguibile dagli altri, anche se la qualità dei materiali, l’eccellenza della filiera produttiva e la cura artigianale manterranno il loro valore.
La conoscenza della potenza e dei limiti degli strumenti utilizzati diventerà un fattore critico, così come la cultura scientifica e tecnologica aziendale. Accanto alla ricerca legata ai temi della scienza e ingegneria dei materiali, altri aspetti scientifici dovranno essere tenuti in conto e che, pur collocandosi ad un maggior livello di astrazione, sono direttamente connessi al processo creativo ed hanno un riflesso immediati nell’ambito della produzione. Nel 2017 James Patterson ha pubblicato The Store, un romanzo futuristico di grande successo dove al centro c’è un’azienda che vende tutto ciò che si produce. Il catalogo di The Store è enorme ma è finito. Per quanto grande sia il numero di prodotti, questi sono un numero finito. La cosa interessante è che è già possibile, con le tecnologie attuali, avere un catalogo infinito e vendere quello che ancora non è stato prodotto. Quindi in un certo senso il futuro descritto da The Store è già un passato mentre esiste un presente più avanzato. Senza troppo addentrarci in dettagli tecnici, cerchiamo di chiarire questo aspetto. Nella progettazione di un prodotto ormai quasi sempre si usano CAD che utilizzano svariati parametri. I tools spesso consentono, tramite semplici interfacce, di modificare questi parametri in tempo reale: questi strumenti non sono solo nuove possibilità, ma comportano in realtà un cambiamento paradigmatico. Quando si crea un oggetto le cui caratteristiche dipendono da parametri chiaramente focalizzati e facilmente modificabili, non stiamo progettando un oggetto ma stiamo creando uno spazio astratto (matematico potremmo affermare) dove ad ogni punto dello spazio corrisponde il progetto di un oggetto. La dimensione di questo spazio dipende dal numero di parametri che stiamo utilizzando e per questo lo chiameremo spazio dei parametri. Questo spazio astratto, accessibile sia al progettista che all’acquirente, presenta infiniti oggetti o può essere considerato un catalogo infinito a seconda di come gli oggetti vengono presentati. In questo contesto il designer diventa un “creatore di mondi” la cui attività è più simile a quello che fanno i progettisti di videogame che i classici designer. Se poi nel mondo virtuale, astratto, matematico poniamo dei vincoli imposti dalla “fisicità” del processo produttivo, si può stabilire una stretta correlazione tra il “prodotto virtuale” e il corrispondente prodotto “reale”; se la progettazione del mondo virtuale è stata accurata e senza errori, il processo di “fisicalizzazione” non presenterà problemi, anzi gli stessi parametri di progettazione saranno l’input della macchina che realizzerà fisicamente l’oggetto. L’output di questo processo è un oggetto “unico”, personalizzato e “tracciabile” in quanto riconoscibile nella sua unicità. Le tecnologie digitali di progettazione e di stampa rendono ciò possibile; quel che ancora frena la diffusione di questo scenario è la consapevolezza degli utenti e gli investimenti nei nuovi prodotti da parte delle aziende. Già è evidente che il prodotto unico e personalizzato abbia un costo paragonabile ai prodotti industriali realizzati in serie. Così come la digitalizzazione (il passaggio dal fisico al virtuale) ha comportato un cambiamento paradigmatico, la fisicalizzazione (il passaggio dal virtuale al fisico) indurrà a sua volta una rivoluzione.
Queste considerazioni ci riportano alla necessità che la cultura del Made in Italy affronti le sfide centrali della formazione e dell’innovazione basata sulla conoscenza. E’ importante comunque constatare che già alcune realtà in Italia si stanno muovendo, seppur timidamente, in questa direzione, ed altre si stanno interrogando su una nuova generazione di prodotti capaci di incorporare maggiore conoscenza culturale, artistica e scientifico-tecnologica. La produzione del prodotto di eccellenza del futuro non potrà prescindere da un grande investimento sulle tecnologie, sulle componenti scientifiche/ ingegneristiche e su quelle estetiche e queste molteplici componenti dovranno integrarsi all’interno di gruppi aperti e di natura interdisciplinare.
Pietro Pantano (Università della Calabria), Eleonora Bilotta (Università della Calabria).