Il comparto calzaturiero nel 2022 supera la crisi del biennio pandemico e continua la sua ripresa. Il fatturato sale a 14,49 miliardi di euro (+14% rispetto al 2021), recuperando i livelli 2019, rinvigorito dalla performance dell’export trainato dalle griffe del lusso. Gli interscambi commerciali con l’estero che costituiscono da sempre il traino del settore, presentano ancora una volta le dinamiche più favorevoli. Nel dettaglio, nei primi 10 mesi del 2022, grazie soprattutto ai risultati brillanti conseguiti negli accessori dalle griffe internazionali del lusso, le vendite internazionali di calzature hanno raggiunto l’ennesimo primato in valore, toccando i 10,48 miliardi di euro (+23,5% su gennaio-ottobre 2021), per un totale di 183,1 milioni di paia (+11,6%). Una performance che risulta la migliore dal 2014 ad oggi. Il prezzo medio al paio è salito a 57,26 euro (+10,7%). Sia in valore che in volume sono state superate le cifre dei primi 10 mesi 2019 pre-Covid (rispettivamente del +21% e di un +4,7%).
L’analisi per destinazione descrive un quadro largamente favorevole. Gli sbocchi comunitari e i mercati extra-UE27 mostrano aumenti simili in valore sui primi 10 mesi 2021 (+24,2% e +22,9% rispettivamente); ma mentre i primi hanno già superato i livelli 2019 pre-pandemia, le destinazioni fuori dall’Unione risultano in volume ancora inferiori del -4%. Francia (+24,4% in valore e +2,8% in quantità) e Svizzera – ovvero i due paesi cui sono diretti i flussi di rientro delle produzioni realizzate in Italia da molte aziende terziste per le multinazionali del lusso – figurano in cima alla graduatoria delle destinazioni in valore, coprendo assieme una quota vicina ad 1/3 del totale export (31,7%). Con la sola eccezione della Russia (scesa al 13° posto, che presenta nei primi 10 mesi un calo del -26% in valore e del -15,8% in paia) e di Svizzera e Hong Kong (in modestissima crescita in valore e in lieve calo in volume rispetto a gennaio-ottobre 2021), tutte le nazioni che rientrano nei primi venti posti dell’export mostrano in valore incrementi a doppia cifra sull’anno precedente.
Decisamente positivo l’export verso gli USA che – dopo la fine della “guerra dei dazi” con la UE nell’autunno 2021 nell’ambito delle dispute sulla digital tax e lo scampato pericolo di imposte aggiuntive sui prodotti del fashion – nel 2022, grazie al cambio favorevole, hanno registrato nei primi 10 mesi un sensibile incremento (+60% in valore e +26% in volume). Crescita altrettanto vigorosa (+68% in valore) si evidenzia per il Canada.
In Cina, nel corso dell’anno, l’andamento è stato altalenante e comunque favorevole quasi esclusivamente per l’alto di gamma. Dopo la frenata nel bimestre aprile-maggio (-25% nelle quantità e -13% in valore) legata alle restrizioni adottate in diverse città per fronteggiare i nuovi focolai Covid, da giugno la domanda è ripartita con vigore: il terzo trimestre ha sperimentato un aumento del +86% in valore (con un +17,4% in volume), grazie ai risultati conseguiti dalle griffe del lusso. In ottobre, poi, trend premiante ma solo in valore (+25,5%) a fronte di un nuovo calo in quantità (-9%). Il cumulato dei primi 10 mesi segna così un +41% circa in valore, con un molto più ridotto +5% nelle paia. All’interno della top20 delle destinazioni è il mercato con il prezzo medio più alto: 216,07 euro/paio, +34% su un anno addietro. Restando nel Far East (+26% in valore globalmente) torna a crescere la Corea del Sud (+19,4%) dopo la battuta d’arresto del 2021 che aveva interrotto la lunga striscia positiva del decennio precedente; bene il Giappone (+27,4% in valore), che presenta però, così come Hong Kong, un gap considerevole col pre-pandemia (soprattutto nelle paia). Confortanti anche i dati sul Medio Oriente, dove svettano gli Emirati Arabi (15° mercato, in aumento del +61% in valore e del +46% in quantità su gennaio-ottobre 2021).
Tornando nel Vecchio Continente, tra i membri della UE27 cresce del +27,4% la Germania (+20% in paia), da sempre uno dei principali clienti delle calzature Made in Italy (è il secondo in termini di volume); positivi anche altri importanti sbocchi comunitari, quali Spagna (+23% in valore), Paesi Bassi (+35%), Polonia (+17%) e Belgio (+22%), tutti già abbondantemente oltre i numeri pre-Covid.
Riparte l’export verso il Regno Unito (+23% in valore e +1% in quantità) dopo la caduta dell’ultimo biennio, successiva all’uscita dall’Unione. Le cifre attuali restano comunque marcatamente inferiori a quelle 2019: -29% in valore e -39% in volume. Saliti del +62% in valore i flussi verso la Turchia, anche per il probabile utilizzo quale “mercato ponte”, al pari degli Emirati e del Kazakistan, da parte di player della distribuzione russa.
Infine, Russia e Ucraina sono gli unici mercati con trend negativo sul 2021. La guerra ha cancellato gli ordini e complicato le modalità di pagamento, mettendo in seria difficoltà i distretti calzaturieri tradizionalmente votati a quest’area. Considerando il periodo marzo-ottobre, ovvero focalizzando l’analisi sugli effetti del conflitto, l’export italiano verso i due paesi coinvolti (che nei primi 10 mesi 2022 accusa un -30% in valore) si è ridotto nel complesso del -37,3% (e -24% in quantità): la Russia è scesa da marzo del -32,5% e l’Ucraina addirittura del -69%, scivolando al 47° posto tra le destinazioni. Tra i paesi dell’ex blocco sovietico si segnala invece, in netta controtendenza, il momento favorevole in Kazakistan, +40% in valore e +45% in volume.
Giovanna Ceolini (Assocalzaturifici)