Agli artigiani e alle piccole imprese italiane non mancano la capacità di resilienza, l’orgoglio, la passione, la voglia di farcela. Lo dimostrano i dati di Confartigianato sulle loro esportazioni che, tra luglio 2021 e luglio 2022, si attestano a 141,2 miliardi di euro, consolidando e superando il precedente picco del 2021.
In particolare, a trainare le vendite all’estero dei nostri imprenditori sono i settori alimentare, moda, mobili, legno, metalli, gioielleria ed occhialeria. Nei primi sette mesi del 2022 questi settori segnano una crescita tendenziale del 5% dei volumi esportati, una percentuale ampiamente superiore al +0,9% della media dell’export nazionale. La crescita maggiore per volumi esportati riguarda gli articoli in pelle con +9,4%. Seguono i prodotti tessili con +8,7%, gli articoli di abbigliamento con +5,6%, i prodotti alimentari con +5,4%. I mobili si fermano a +0,3% e i prodotti in legno a +0,1%.
Gli imprenditori non aspettano altro che segnali concreti per consolidare questo trend sui mercati internazionali e su quello interno, sia con misure strutturali di riduzione della pressione fiscale e semplificazione degli adempimenti burocratici, sia facilitandone l’accesso a nuovi strumenti di finanza d’impresa, alla ricerca e ai progetti di innovazione digitale e tecnologica, di transizione ecologica e di internazionalizzazione.
La formazione dei giovani è un aspetto sul quale si gioca il futuro del Paese ed è tra i temi che stanno più a cuore a Confartigianato. Purtroppo in Italia non si insegna la cultura del lavoro. Veniamo da decenni di politiche formative sbagliate che hanno imposto un modello educativo che contrappone il sapere al saper fare. In serie A la cultura accademica e la conoscenza teorica, in serie B le competenze tecniche e pratiche. Risultato: le nuove generazioni non trovano lavoro e le aziende non trovano manodopera qualificata.
Serve un nuovo modello di formazione inclusivo ‘a valore artigiano’. Significa formare competenze complesse che coniugano cultura umanistica e cultura tecnica. Confartigianato sostiene la necessità di puntare sull’apprendistato professionalizzante come fondamentale canale incentivato di ingresso nel mondo del lavoro. Per questo chiediamo che venga ripristinata la decontribuzione totale, per i primi tre anni, del contratto di apprendistato applicato dalle imprese artigiane e dalle aziende fino a 9 dipendenti. In questo modo si investirebbe concretamente sulla capacità delle nostre imprese di creare competenze e di offrire ai giovani nuove opportunità di occupazione.
E’ anche necessario sostenere e rilanciare i percorsi di studio professionali sia in un’ottica di sistema, attraverso la strutturazione di percorsi di orientamento lungo tutto il percorso formativo, sia in un’ottica di filiera che incentivi maggiormente la formazione duale e professionalizzante e valorizzi il livello terziario con gli ITS.
Serve uno scatto di orgoglio per difendere le nostre produzioni e il contenuto di competenze, gusto, creatività, qualità, flessibilità, innovazione espresso dall’artigianato e dalle piccole imprese. Vanno rafforzati gli strumenti per favorire la creazione e la trasmissione delle imprese, semplificati tempi e modalità per accedere agli incentivi, potenziati gli strumenti finanziari necessari agli imprenditori per consolidare le proprie attività. Abbiamo bisogno di interventi mirati ai settori più innovativi, ma servono anche progetti di valorizzazione dei comparti forti del nostro manifatturiero tradizionale in chiave sostenibile.
Sono più di 220mila le imprese artigiane attive nell’economia circolare, tra riparazione, manutenzione, riuso e recupero di prodotti e materiali.
E anche la transizione green vede l’87% delle micro e piccole imprese effettuare raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti, mentre il 53% ha cura del risparmio del materiale utilizzato nei processi produttivi e il 21% segnala l’utilizzo di materie prime seconde. Le imprese della moda e dell’arredamento sono particolarmente attente all’upcycling, vale a dire la creazione di nuovi prodotti partendo dall’utilizzo di materiali di scarto. Nato come fenomeno di nicchia, oggi rappresenta una strategia economica innovativa che sta conquistando fette sempre più ampie di mercato e che vede l’artigianato tra i settori più attivi. E l’utilizzo di materie prime locali, a Km 0, è privilegiato dalle 54mila MPI con 273mila addetti del settore alimentare e bevande, nel quale spiccano 34mila imprese artigiane con 151 mila addetti.
Secondo Confartigianato, per difendere e promuovere i nostri prodotti, occorre anche un impegno deciso contro la contraffazione, soprattutto nei settori della moda e dell’agroalimentare, puntando sulla tracciabilità delle fasi di produzione, il riconoscimento dell’indicazione geografica per i prodotti non food, il rafforzamento degli strumenti di garanzia della qualità come marchi e brevetti e certificazioni accreditate.
Si deve altresì potenziare l’attività di controllo e repressione di tutto ciò che sottrae lavoro e reddito ai nostri imprenditori e risorse finanziarie allo Stato e minaccia la sicurezza e la salute dei consumatori. Ma occorre anche valorizzare, nei confronti dei consumatori, qualità, durata, rispetto delle norme, convenienza e sicurezza dei prodotti italiani.
Lorenza Manessi (Confartigianato)